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Mamma, ma tu che lavoro fai?

“Mamma, ma questo non è un lavoro vero, è un lavoro finto”. Confesso tutto il mio stupore davanti a tanto senso della realtà: come si fa a vivere di scrittura?

Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario… lei mi crede pianista in un bordello.
Jacques Séguéla

Ora, posto che mia madre si sia da tempo pacificata con l’idea della professione che svolgo, provate a mettervi nei miei panni quando è il Pupo, candido candido, a pormi la Grande Domanda:

Ma tu, mamma, che lavoro fai?

La prima volta che me lo ha chiesto gli ho risposto con una parolona. Gli ho detto che facevo la Scrittrice e, nell’immediato, non ho ricevuto ulteriori interrogazioni. Alcuni giorni dopo ci riprova: mi chiede di nuovo e, siccome voleva dettagli, ho dovuto dirgli che scrivo le parole che vanno un po’ dappertutto. Sulle pagine che vede nel computer, sulla carta dei libri, sui manifesti, sulle confezioni di fazzoletti di carta, sulle scatole del latte. No, non era ancora soddisfatto. E se ne è uscito con questa frase:

Mamma, ma questo non è un lavoro vero, è un lavoro finto.

E, con la forza spiazzante e paziente delle sue argomentazioni bambine, mi ha spiegato che i veri mestieri sono raccogliere l’uva, fare il pane, fare il vigile. Confesso tutto il mio stupore davanti a tanto senso della realtà: come si fa a vivere di scrittura? Come si fa a vivere di parole? Mi sono sentita scrutata e indagata, e ho cercato di essere più concreta.

Guai, poi, a dire che a volte ciò che scrivo serve anche per la pubblicità. Si apre un circolo vizioso: la pubblicità non serve, la pubblicità dice le bugie, la pubblicità non si guarda. Non pensavo che sarei stata messa così a dura prova da un adorabile Tappo alle prese con i suoi primi ragionamenti.

Ormai anche la parola copywriter non è più un tabù. Dopo lo sdoganamento di tutti i termini connessi alle funzioni corporee e quant’altro grazie alle mirabolanti avventure vissute con un neonato, è diventata una passeggiata conversare di accessori per il bagno quando si tratta di lavoro. Ormai, io e i copriwater (sì, hai letto bene, e se ti è sfuggito rileggi ancora) siamo parte di una grande famiglia.

Allora, ancora una volta, ho riconosciuto chiaramente il confine che – tra amore e follia – attraverso ad occhi aperti ogni giorno, per credere in un sogno che pian piano si sta avverando.

Quindi ho chiamato il Pupo accanto a me e, con calma, gli ho rispiegato in un modo diverso. La mamma scrive perché a volte le persone hanno delle domande, non sanno le cose, cercano delle risposte, e qualcuno scrive per far trovare queste risposte. Gli ho detto che oggi tutti parlano, dicono cose, ma non tutti lo fanno o, meglio, non tutti possono farlo nel modo corretto, anche solo per mancanza di tempo. Se un negoziante vuole vendere i suoi oggetti, e anche tanti altri negozianti hanno gli stessi prodotti da vendere, come fa?

Gli ho detto che se tutti parlano insieme della stessa cosa alla fine nessuno riesce a sentire, quindi bisogna che ci sia una voce diversa, o tante voci diverse, anche piccole, che al momento giusto e nel posto giusto dicano la cosa giusta. C’è qualche persona che fa questo lavoro e, ad esempio, presta le sue parole al negoziante di prima. Così è il mio lavoro, è un lavoro vero, è il mio lavoro preferito perché lo adoro ed è la mia grande passione. E, come tutti gli altri lavori, deve essere in grado di darmi da mangiare.

Non so se sono riuscita a convincerlo del tutto, però non ha più detto, con sguardo preoccupato, che il mio è un lavoro finto. Anzi, adesso ci scherziamo su.

La scommessa vera è, ora, trasmettergli piano piano tutta la positività, tutto l’amore, tutto l’entusiasmo possibili perché anche da grande sappia sognare, cercare, inventarsi un lavoro, una vita, una storia dove camminare con i piedi sempre a cavallo tra terra e cielo, una storia che corrisponda il più possibile ai suoi desideri più belli.

Con questo finale in crescendo ti saluto e, se vuoi, ti invito ad approfondire meglio cosa faccio.

Di Federica Segalini

🌱 Allenatrice di voce scritta. Ex copywriter ed ex ghostwriter, ti accompagno a scrivere in concretezza. Valori, identità personale e professionale, sguardo sul mondo sono la tua voce unica: trova la tua voce scritta.

5 risposte su “Mamma, ma tu che lavoro fai?”

Direi che siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda! Il tuo articolo è illuminante e mi mostra altri motivi per cui preoccuparmi, ma per fortuna vedo che non sono sola 😀

[…] Buongiorno a tutti voi, grazie a te Vincenzo e allo staff Keliweb per avermi proposto di essere qui oggi. Vi parlo un poco di me, se volete. Partiamo dagli elementi che mi hanno condotto sulla strada dove mi trovo a camminare. Sono innamorata delle parole e delle immagini, ho la testa tra i miei sogni e i piedi ben piantati a terra. Sono anche una mamma e non ho i superpoteri, ma mi ritengo fortunatissima per tutto ciò che posso imparare ogni giorno da questa esperienza. A partire da come spiegare a un figlio che il mio non è un lavoro finto. […]

[…] Buongiorno a tutti voi, grazie a te Vincenzo e allo staff Keliweb per avermi proposto di essere qui oggi. Vi parlo un poco di me, se volete. Partiamo dagli elementi che mi hanno condotto sulla strada dove mi trovo a camminare. Sono innamorata delle parole e delle immagini, ho la testa tra i miei sogni e i piedi ben piantati a terra. Sono anche una mamma e non ho i superpoteri, ma mi ritengo fortunatissima per tutto ciò che posso imparare ogni giorno da questa esperienza. A partire da come spiegare a un figlio che il mio non è un lavoro finto. […]

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